Il dolore

Nell’abbecedario ho scritto che il dolore "si annida nelle viscere e tende a rimanerci". Ho cambiato idea. Mi sembra invece che ci siano due tipi di dolore. Quello viscerale, del sangue e della pelle, quello che ti fa ammalare di gastrite, di colite, che ti fa venire la psoriasi e anche il tumore. Quello che ti spinge, nelle sue forme lievi, a riempirti la vita d’impegni, di rumori, di gente e di competizioni e in altri casi di droga o alcol. 

   Ma c’è anche un altro dolore, quello mentale. Nel primo caso è come un albero che è stato investito da una macchina o da una roccia. Andava tutto bene e all’improvviso… L’albero sopravvive, ma ci vuole tempo e a volte rimangono forti i segni dell’incidente. Nel secondo caso invece, è come se l’albero avesse perso tutte le foglie: non può prendere la luce del sole attraverso di loro, non può fare fiori, non può rinfrescare i passanti con la sua ombra e per dissetarsi deve affondare le sue radici ancora più in profondità. Quando i due dolori, quello della mente e quello del corpo, arrivano insieme si approda alla follia. Entrambe i tipi di dolori sono ambiziosi, vogliono tutta l’attenzione possibile, ma è proprio questo il problema. E’ con il distacco che il dolore si placa, non ignorandolo, ma prendendosene cura come se, appunto, fosse un albero. Gli alberi non s’innaffiano, mi disse una volta mia madre. E così c’è veramente poco da fare per prendersi cura di un albero. Se c’è rimedio, spruzzargli la medicina, pulirlo dai parassiti, prendersene cura senza ossessione, forse abbracciarlo, sedercisi accanto e anche parlargli, ma fondamentalmente aspettare ed avere fiducia. La natura vince sempre anche con la morte. E a volte è proprio necessario lasciarsi andare, anche al dolore. A costo di guarire.

PS

Dopo aver scritto queste righe sono uscita di casa e ho notato che in giardino, dove stanno facendo dei grandi lavori di ristrutturazione avevano scoperto gran parte delle radici di un enorme pino. Passando si sentiva forte l’odore di resina. L’albero sanguinava profumando l’ambiente della sua essenza. Sicuramente stava soffrendo, ma so anche che lo ricopriranno. Chissà che non ci sia un terzo tipo di dolore, quello delle radici scoperte. Quello dell’ingiustizia inspiegabile…

(originalmente pubblicato 23 aprile 2007)