“No” e il potere delle parole

Oggi mio figlio compie un anno e mezzo. Sta iniziando a parlare. Capisce molto, persino qualche parola in inglese, ma le parole che pronuncia sono ancora poche e abbozzate. Riesce a dire “mamma”, “coco”, che sta per “gallina”, “otto” che sta per, “pronto”, “onno” che sta per “nonno”. Ma tra tutte le parole che ha imparato ce n’è una che pronuncia con certezza, senza imperfezioni e soprattutto avendo ben chiaro il potere che quella parola gli ottiene: NO. La dice spesso, quasi a ribadire che adesso, finalmente, può decidere lui, senza più subire passivamente le pappe infilate in bocca o le nenie stonate che non vuole ascoltare.

Imparando a pronunciare questa sillaba, ha imparato il potere magico delle parole: appena la pronuncia, il mondo si ferma, s’inginocchia al suo volere e il gesto a cui lui si sta opponendo, viene interrotto. Come avesse in mano una bacchetta magica, riesce, per la prima volta da quando è nato ad avere un controllo attivo sulla vita. E noi lì, incerti, a valutare se rispettare o no la sua volontà, per la prima volta ammirati e anche un po’ interdetti da questa fermezza tutta nuova che finalmente riesce ad esprimersi. Per ora al “si” non c’è arrivato, ma quando qualcosa gli va a genio, annuisce convinto.

(originalmente pubblicato 19 febbraio 2012)