Epistemologia delle ferite

Ci sono quelle del corpo, quelle dell’anima, quelle della mente, della memoria. E anche nel corpo, ci sono quelle della pelle o degli organi. Ci sono ferite che spariscono, altre che si trasformano in cicatrici, altre ancora in segni. Ci sono quelle autoinflitte e quelle subite. Quelle conquistate in un confronto e quelle inaspettate. Quelle evidenti e quelle nascoste. Alcune ferite danno tanto dolore nell’immediato quanto guariscono in fretta e si trasformano al massimo in un temporaneo fastidio per poi venire dimenticate. Tagli, sbucciature, rotture della pelle come dell’anima. Profonde o superficiali, piccole o grandi. Di alcune ferite ci si innamora, con indulgenza. Possono far sentire eroi, ricordano l'essere sopravvissuti. 

Delle ferite inflitte dalle parole

Di queste il corpo porta traccia nella postura e nello sguardo. Anche nella scelta delle parole, là dove queste riescano a sfuggire le sceneggiature dei propri circoli di appartenenza. Tracce visibili a pochissimi specialisti del settore che abbiano a loro volta speso tempo e riflessioni nell’analisi delle ferite proprie e altrui. L’epistemologia come disinfettante. Il diario come benda.

Delle ferite inflitte dai silenzi

I silenzi possono dare sollievo o ferire. Come nel caso delle parole, è l’accumulo, la ripetizione o l’abitudine, che porta alla lacerazione di quei veli di tessuto con cui si costruisce il costume di scena della nostra identità.

Delle ferite inflitte dalla mancanza

Che sia di cibo, acqua, amore, passione o acculturamento. La mancanza può penetrare e abusare come una lancia un corpo. Tanto più forte il bisogno, tanto più forte la ferita.

Delle ferite inflitte al corpo

Ancora oggi, il mio soffio o il mio bacio, bastano a mio figlio per lenire il dolore di una sbucciatura o di un livido. Queste sono le ferite che si curano con l’attenzione. Un abbraccio meglio di un cerotto.

Ci sono poi quelle praticate dai medici, per salvare il paziente. Spesso trasformate in cicatrici. Hanno più orgoglio e più storia dei tatuaggi. Chi le indossa ci mette un po’ a farle proprie.

Delle ferite guarite

Quelle che può capitare di cercare per risentire una leggerissima e assai intima punta di lieve dolore. Là dove il dolore non fa male né paura. L’apprezzare l’estetica del proprio struggersi è una forma di autoerotismo.

 

Colonna sonora: Different Pulses di Asaf Avidan